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Salutequità: “Nonostante ingenti risorse Pnrr, gestione cronicità su territorio peggiora”

Da Redazione Ultimenews24.it
16 Ottobre 2025
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Salutequità: “Nonostante ingenti risorse Pnrr, gestione cronicità su territorio peggiora”
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(Adnkronos) – Oggi, secondo gli ultimi dati Istat, circa il 40,5% della popolazione – 24 milioni di persone – soffre di una patologia cronica, 12,2 milioni di questi ne hanno almeno due; in una nazione che invecchia progressivamente, la prevalenza aumenta con l’età. Entro il 2028 spenderemo 70,7 miliardi di euro per la cronicità. La gestione delle malattie croniche in Italia rappresenta una sfida sempre più incalzante e complessa, aggravata da criticità strutturali e disuguaglianze territoriali. Un'analisi condotta a cura dell’Osservatorio Salutequità evidenzia la necessità d’interventi mirati per migliorare l'efficacia del Ssn e garantire una presa in carico adeguata dei pazienti. "Nonostante gli ingenti investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il rafforzamento dell’assistenza territoriale, la gestione della cronicità sul territorio italiano sembra residuale e in peggioramento – afferma Tonino Aceti, presidente Salutequità -. Infatti la bozza di aggiornamento di Piano nazionale cronicità (Pnc) che dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni da Stato-Regioni, non conta su finanziamenti ad hoc contrariamente ad altri Piani, manca di un cronoprogramma chiaro per il raggiungimento degli obiettivi e lascia fuori diverse patologie. Anche la sua modalità di aggiornamento e inclusione di nuova patologie, come la psoriasi, non è affatto chiara. La cabina di regia del Pnc, importante per l’implementazione, sembra essere scaduta e non sono pubbliche le relazioni annuali che deve produrre".  Per Aceti un "nodo centrale" per il cambio di passo nella presa in carico è quella del "passaggio da un approccio prestazionale alla garanzia del percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale del paziente. Oggi infatti il Ssn – spiega Aceti – rimborsa la somma delle singole prestazioni, senza misurarne gli esiti, e non l’intero percorso, facendo risultare la gestione della cronicità poco attrattiva per chi governa servizi e spesa sanitaria. Anche le Regioni sono misurate attualmente dal Ministero della Salute con un solo indicatore di processo: aderenza nello scompenso cardiaco. Se la cronicità rappresenta oggi una priorità per le famiglie, non possiamo dire lo stesso per le risposte che garantisce il Ssn". Per questo Salutequità ha riunito a Roma un Equity Group Cronicità, realizzato con il contributo non condizionato di Sanofi e Ucb Pharma, per confrontarsi con rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, associazioni pazienti, manager e professionisti sanitari sulle principali questioni. La cronicità è una priorità per numeri e fattori di rischio disuguaglianze – riporta una nota -. Il 24% della popolazione italiana, ovvero oltre 14 milioni di cittadini, sono a rischio povertà o esclusione sociale e altrettanta ha più di 65 anni, con un indice di vecchiaia che raggiunge il 193,1%. La vita media senza limitazioni a 65 anni è aumentata a 10,6 anni, ma il 49% degli over 75 vive in condizioni di multi-cronicità e gravi limitazioni. Inoltre, oltre un sesto della popolazione soffre di almeno una malattia cronica, con una prevalenza maggiore in Sardegna (25,7%) e Marche (25,1%). Tra gli over 65, il 57% ha ricevuto una diagnosi di almeno una patologia cronica, con una maggiore incidenza al Centro e Sud Italia rispetto al Nord. Le patologie più comuni includono cardiopatie (27%), diabete (20%), malattie respiratorie croniche (16%) e tumori (13%). La policronicità colpisce il 25% degli over 65, con una maggiore prevalenza tra le persone con difficoltà economiche e bassa istruzione. "Mentre implementiamo (a rilento) il Pnrr – ancora Aceti – peggiorano i dati Lea sull’assistenza distrettuale". Le Regioni sono impegnate ad assicurare la realizzazione degli obiettivi del Pnrr ma faticano a garantire i Livelli essenziali di assistenza – emerge dall'analisi condotta dall’Osservatorio Salutequità -. Nell’area cardine per le risposte alle persone con cronicità, ovvero quella distrettuale, nel 2023 un quarto delle Regioni (Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sicilia) non ha raggiunto la sufficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza distrettuali. Accanto a queste 11 regioni hanno peggiorato il punteggio in quest’area rispetto al 2020: Lombardia (-19 punti), Piemonte (-1), Veneto (-2), Liguria (-2), Emilia-Romagna (-6), Marche (-9), Lazio (-12), Abruzzo (-32), Basilicata (-11), Calabria (-8), Sicilia (-18). Anche i lavori del Pnrr – si legge – procedono tra luci e ombre: se sono stati conseguiti gli obiettivi delle Centrali operative territoriali da un lato come certifica la Corte dei Conti, dall’altro i dati di recente pubblicazione mostrano che vanno a rilento le infrastrutture cardine dell’assistenza territoriale. Risultano attivati circa un quarto degli ospedali di comunità programmati (5 Regioni non ne hanno nemmeno uno attivo). Solo 660 Case della Comunità realizzate a fronte delle 1723 programmate e meno di una su 10 ha tutti i servizi obbligatori attivi. Le Regioni che sembrano più lontane dall’Obiettivo sono Campania, Puglia, Abruzzo, Calabria, Sicilia e PA di Bolzano. Gli aspetti più deboli sono quelli che segnano un cambiamento di approccio alla presa in carico: orientato alla semplificazione e garanzia di percorsi attraverso i Punti Unici di Accesso (449) ed alla multidisciplinarietà con l’erogazione attraverso equipe multiprofessionali (476) da un lato e il riconoscimento del ruolo della comunità nella coproduzione presente in sole 470 CdC su 660. Sul fronte cure palliative domiciliari solo 7 regioni (Basilicata, Emilia-Romagna, PA Trento e PA Bolzano, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) hanno una copertura del 100% dei distretti in cui è attivo almeno un punto di erogazione. I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aumentano, ma non sono garantiti in tutte le regioni. Il nuovo Sistema di garanzia – fanno sapere da Salutequità – ha introdotto in via sperimentale la valutazione dei Pdta di 6 patologie tra cui diabete, Bpco, scompenso cardiaco, ma i dati sono fermi al 2022 (anticipazioni). Proprio sulle patologie oggetto di monitoraggio ministeriale i dati Aifa più recenti (2023) rilevano bassa aderenza i farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie (51,0%) – nonostante su Bpco 15 Regioni hanno approvato un Pdta regionale (al 2023) – e farmaci antidiabetici (23,9%). Sul diabete i problemi di aderenza riguardano anche il percorso: gli annali Amd 2023 riportano che solo il 51,3% dei pazienti ha eseguito 2 o più misurazioni di emoglobina glicata nel corso dell’anno; meno di un terzo ha eseguito l’esame del fundus oculi, utile per monitorare la retinopatia diabetica; ancora di meno chi ha eseguito il controllo del piede (16,8%). Sullo scompenso cardiaco (Sc) solo 13 Regioni hanno formalizzato un Pdta (2023): Piemonte e Friuli-Venezia Giulia; Emilia-Romagna; Liguria; Lazio; Umbria; Calabria; Basilicata, Toscana, Abruzzo, Campania, Marche e Molise. Questo nonostante sia oggetto di monitoraggio Lea, sia nell’elenco di patologie prioritarie del Piano Cronicità vigente, e dal 2024 un indicatore di aderenza per Sc diventerà core nel nuovo Sistema di Garanzia. Nel frattempo sono stati censiti da Fondazione Res – dettaglia la nota – oltre 900 Pdta regionali, di cui il 56% per patologie croniche ad alta prevalenza. Si concentrano prevalentemente nell’area oncologica – quasi un quarto di tutti i Pdta (119) – seguiti da quella neurologica con oltre uno su 10 (70) e quella cardiologica poco meno di uno su 10 (50) e spesso non prevedono uso di telemedicina. Ci sono patologie, come la psoriasi e quelle dermatologiche croniche, che sono escluse nell’elenco del Pnc e non hanno Pdta regionali, con percorsi di cura che rischiano di essere più tortuosi o dispersivi. E ancora: Italia fanalino di coda nella fiducia delle persone sulla capacità di autogestire la propria salute (dati PaRIS): siamo al 24,3% rispetto al 58,9% della media Oecd (meno della metà) e abbiamo bassa capacità di usare informazioni sulla salute in internet (4,9% Italia vs 19,3% Oecd). Valori bassi anche per le persone trattate in servizi che scambiano elettronicamente informazioni mediche (13,4% Italia vs 57,1% Oecd). Questo problema può essere superato con l’uso del Fse, anche se così com’è oggi, è utilizzato solo da un cittadino su 4. Tra le possibili cause anche l’utilità dello strumento per i cittadini. La Cartella clinica è disponibile nel Fse solo in 4 Regioni (Pa Trento, Veneto, Emilia-Romagna, Calabria); il Piano assistenziale individualizzato solo in Lombardia; il Pdta solo nel Lazio; il Bilancio di Salute in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Solo in 6 regioni si può effettuare la Richiesta/variazione esenzione per patologia tramite Fse (Sardegna, Molise, Basilicata, Piemonte, Lombardia, Pa Bolzano). La Calabria è l’unica regione che ancora non prevede nel fascicolo la possibilità di scegliere o revocare il medico di medicina generale.  Aumenta il carico assistenziale per i medici di base: si riducono in termini numerici i professionisti disponibili, in particolare nel Nord del Paese – evidenzia il report – e si trovano a prendere in carico un numero superiore ai 1500 assistiti in oltre un caso su due (dati aggiornati al 2023). Procede a rilento anche quella necessità avviata dalla legge Balduzzi del 2012 di lavorare in forma associativa: circa un terzo lavora in modo non organizzato formalmente con altri medici di medicina generale e con altri professionisti sul territorio. L’opportunità per superare il problema è offerta dalle Case della comunità. Parallelamente la farmacia dei servizi, richiamata anche nel Pnc, diventa più capillarmente presente: aumenta il numero di farmacie sul territorio (meno di 3000 abitanti per farmacia in media) e si appresta a concludere la sua fase sperimentale per valutarne l’eventuale prosecuzione. I risultati che le Regioni sono chiamate a rendicontare sono prevalentemente di carattere prestazionale, piuttosto che agli esiti (solo un campo della scheda lo richiama). La disponibilità di servizi in farmacia è in aumento, ma a questa non corrisponde un contestuale utilizzo da parte dei cittadini: si tratta prevalentemente di test diagnostici di base (70%), prenotazioni Cup e servizi correlati (79%), Elettrocardiogramma (76,5%), Prenotazione di farmaci e prodotti (85%). Più bassi i valori relativi a programmi per l’aderenza terapeutica (28,3%) e ricognizione farmacologica (26,6%). Il servizio più utilizzato dai cittadini è quello della prenotazione di farmaci e servizi (84%) e prenotazioni Cup (34,7%). Gli infermieri di famiglia e comunità, il cui Standard Dm 77 è di un infermiere su 3000 abitanti, si confrontano con differenze territoriali nei tempi di definizione del fabbisogno e in quelli di implementazione. Sette Regioni (Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) hanno identificato fabbisogno totale. E la Toscana ha definito anche la progressività dell’attuazione da concludersi entro il 2026. Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise e Piemonte non hanno definito i numeri del fabbisogno. L’Emilia-Romagna dichiara che il fabbisogno rappresenta criticità e stima la piena implementazione in 4 – 5 anni. 
—salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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