(Adnkronos) – Sabato 27 settembre, Marathon Trail Lago di Como. Sono le 8 del mattino e gli atleti ritirano i kit e si avvicinano al via. La partenza è da Menaggio. Fra loro c'è anche Jiri Marzi, 18enne di Griante, indossa il pettorale numero 7. Si è allenato tanto per la gara e, anche se il meteo non è promettente, l'umore è buono. "Ero molto contento", ricorda. "Il percorso pianificato era di 42 km, essendo una maratona", ma viene accorciato per motivi di sicurezza. "Ero consapevole di questo cambiamento, anche se mi mancava la parte del dove". Jiri si mette in marcia. Sembra tutto regolare, ma nei momenti successivi qualcosa cambia. "Arrivo a un'altezza abbastanza importante, attorno a 2mila metri. E qui forse imbocco il percorso sbagliato, forse era il sentiero originale, ma mi ritrovo su una cresta. Continuo per alcuni chilometri, ipotizzo circa 6. Era una giornata fredda e io ero partito già bagnato, vestito leggero per una corsa che ero pronto a concludere 'rapidamente', con arrivo previsto alle 13.30. Ma il vento ad alta quota ha fatto sì che le mie condizioni non fossero le migliori, le energie erano sempre meno". Poi il buio. Jiri era stato avvistato per l'ultima volta alle 12.30. La sua assenza al checkpoint successivo non viene ignorata. Gli organizzatori danno l'allarme. Il ragazzo verrà ritrovato alle 18.10 sulla cresta tra il monte Bregagno e il Sasso Bellarona, in ipotermia (la sua temperatura corporea, appureranno i soccorritori, è ormai di 21 gradi). Arresto cardiocircolatorio, il quadro clinico è gravissimo. "Un morto riportato alla vita", racconta oggi Fernando Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza urgenza e Area critica dell'Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che ha preso in carico il paziente al suo arrivo e coordinato l'applicazione dell'Ecmo, la macchina 'cuore-polmoni', trattamento decisivo per superare la fase critica. Il resto è la storia di un salvataggio eccezionale, reso possibile da una catena di soccorso che ha permesso di guadagnare tempo prezioso. "Tempo che è muscolo, vita, come si dice in medicina", ripete Lorini. Jiri è rimasto per oltre un'ora tra la vita e la morte e racconta quei momenti difficili oggi a Palazzo Lombardia insieme all'équipe di professionisti che gli ha salvato la vita. "Ero partito già bagnato – ricorda – E uno può essere atleta e dare buoni risultati, ma è pur sempre umano. La mia idea era che, se si parte correndo e si arriva al livello in cui ero arrivato, poi si deve concludere la gara in condizioni molto simili. Fermarsi prima sarebbe stato peggio. Quando ho sentito le energie venire meno ero ancora convinto di essere sul percorso giusto e ho pensato: se continuo, se cammino, da qualche parte arriverò, qualche corridore mi raggiungerà e potremo finire la gara insieme. Poi però mi sono trovato a un punto in cui mi sono detto che non ce l'avrei fatta. Sono uno che di solito va avanti e dà il tutto per tutto fino all'ultimo, mantengo livelli di lucidità abbastanza alti anche nei momenti stress. Ero cosciente che la situazione fosse grave. Avevo con me il telefono e l'ho sentito vibrare in qualche momento, ho sentito anche gli elicotteri e mi sono detto: c'è qualcosa che non va. Ma non potevo neanche prendere il cellulare perché le dita erano ghiacciate, e lo stesso le barrette che avevo con me, per il freddo non riuscivo ad aprirle, non potevo servirmene per scappare da questa situazione". L'ultima cosa che Jiri ricorda è che ha pensato: "Se arriva qualcuno mi va bene, sarò contento di finire questa corsa insieme, altrimenti aspetterò. Ho accettato i fatti com'erano, non mi sono mai perso d'animo e ho mantenuto la vigilanza il più possibile, penso quasi fino all'ultimo. Poi non ricordo gli ultimi minuti". C'è un buco nei suoi ricordi. Un'ora e mezza difficile da ricostruire, col senno di poi. "Non si riesce a capire come sia stato possibile. Possiamo dire che è stato un miracolo. Sicuramente la mia condizione fisica mi ha aiutato, il fatto di essere un atleta che fa tante cose, il contesto in cui sono cresciuto grazie alla mia famiglia hanno fatto sì che potessi sopravvivere in questa situazione. E ringrazio chi mi ha aiutato, perché non sarei qua a raccontarlo". Il suo grazie è per chi si è speso per aiutarlo: l'intervento – coordinato da Areu (Agenzia regionale emergenza urgenza) – ha coinvolto il Soccorso alpino (stazione Lario Occidentale – Ceresio), i Vigili del fuoco, i team degli elisoccorso di Como e Sondrio, il team Ecmo del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, centro di riferimento regionale per la gestione dell'ipotermia accidentale grave. "Pensare che quello che fanno loro non è sulla carta, è qualcosa che salva vite, mi riempie di gratitudine". Jiri frequenta il quinto anno del liceo musicale di Como. "Sono un pianista", racconta. Ha una vita piena e ama "fare tante cose". E ovviamente è "un atleta". "Se ho temuto di non farcela? Sì l'ho pensato – dice – l'ho messo in conto tra le tante possibilità. Ma ho mantenuto una mentalità molto razionale, ho pensato di aver fatto il possibile e, nel momento in cui niente era più possibile, mi sono detto: ho dato il massimo, quel che capita capita. Paura invece no, chi mi conosce lo sa". E poi c'è stato il risveglio. "Il primo ricordo è mia madre che mi guarda, mi chiede qualcosa, io le rispondo. Poi la mia prima domanda è stata se mi avessero dato la medaglia, perché io volevo questa medaglia, la desideravo tanto", sorride. Il suo percorso in ospedale durerà circa 6 settimane. Jiri è stato attaccato all'Ecmo per 6 giorni, poi il ricovero in terapia intensiva e il trasferimento in reparto, la riabilitazione. "Per me è stato speciale, perché è stato velocissimo e fatto in maniera molto corretta. Mi hanno seguito, spiegato cosa dovevo fare, mi sono nutrito nel migliore dei modi, ho fatto movimento con i dottori e i fisioterapisti, e ho fatto un buon recupero che è stato sorprendente". Le dimissioni una settimana e mezzo fa e il ritorno fra i banchi di scuola: "Mi hanno fatto una grande festa e li ringrazio tantissimo, non immaginavo. Chi mi conosce sa che comunico abbastanza poco, ma erano tutti contenti". Oggi c'è la consapevolezza dell'esperienza straordinaria vissuta. "Ho collegato molto in fretta i puntini – racconta ancora Jiri – Quando mi sono svegliato e le persone mi hanno parlato di quello che era accaduto sono stato colpito da questa ondata di emozione positiva. Ho provato molta gratitudine in quei momenti, consapevole che qualcosa di eccezionale e di veramente irripetibile era accaduto". Sentire le parole dei medici sulla sua situazione così vicina alla morte "ha per me un effetto di speranza, non è spaventoso". Tanto che Jiri tornerà ad allenarsi, assicura. "Quello che mi è successo non deve essere motivo di scoraggiamento, ma qualcosa che mi possa arricchire, anche per evitare situazioni simili in futuro. Mi impegnerò a parlarne in giro e a dare consigli. Ma non mi fermerò dal fare sport. E' qualcosa che mi ha cambiato, ma spero in meglio". Il futuro è pieno di possibilità. "Se prima desideravo fare l'ufficiale militare, adesso sto cambiando. E sì, forse andrò a fare Medicina, forse farò più cose insieme – conclude – Penso di avere il potenziale e aiutare le persone è qualcosa che ho sempre desiderato fare".
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