(Adnkronos) – Youmath, Solvely, Socratic, TextCortex. Sono solo alcuni dei più famosi strumenti di Intelligenza Artificiale usati dagli studenti non solo per studiare, ma anche per superare le verifiche in modo più semplice, a patto però di non venire scoperti dai professori. Perché ormai, non è un segreto, l’intelligenza artificiale è entrata a gamba tesa nelle aule scolastiche. Una realtà, questa, confermata anche dall’edizione 2025 di ‘Dopo il diploma’, la ricerca condotta da Skuola.net insieme ad Elis, su un campione di 2.500 alunni delle scuole superiori. Il 51% degli intervistati dichiara di usare una o più risorse basate sull’Ia generativa – come ChatGpt, giusto per citare la più famosa – ‘molto spesso’ o ‘spesso’. Un numero, anche questo, lievitato da un anno all’altro: nel 2024 ci si fermava al 34%. Di conseguenza, se sono quasi raddoppiati quelli che usano spesso e volentieri l’Ia, si sono praticamente dimezzati quelli che non l’hanno mai fatto: sono passati dal 25% al 16%. Sbagliato però pensare che gli studenti siano così sprovveduti da utilizzare l’Ia solo per copiare e basta. L’indagine condotta da Generazioni Connesse – il Safer Internet Centre Italiano, coordinato dal ministero dell'Istruzione e del Merito – e curata da Skuola.net, Università degli studi di Firenze e Sapienza Università di Roma (Cirmpa), evidenzia che per scopi didattici l’Ia serve soprattutto per cercare informazioni utili alla preparazione di interrogazioni e verifiche sulle varie materie: così per il 62%. Solo in seconda posizione si piazza la produzione di testi (48%). L’intelligenza artificiale si dimostra, poi, un buon alleato anche per correggere testi o per tradurre contenuti in altre lingue: ci si affidano per tali scopi quasi 4 studenti su 10. Circa un terzo (33%) la usa per personalizzare tecniche di studio, il 30% per risolvere problemi di matematica. Sicuramente, su quest’ultimo campo, le alunne e gli alunni corrono più veloce dei loro docenti: solo il 18% degli intervistati, infatti, ha ricevuto dal proprio istituto indicazioni chiare sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito scolastico. E proprio su questo Francesco Amato, docente di 'Scienze e tecnologie informatiche' presso l’Itis 'Galileo Galilei' di Roma, spiega all’Adnkronos/Labitalia che “l’uso passivo dei Sistemi di Intelligenza Artificiale (Ai) da parte degli studenti può essere evitato con la guida del docente". "La Harvard University – prosegue – ha avviato una sperimentazione che consente agli studenti di un corso introduttivo di Computer Science di usare un’assistente virtuale che li aiuti nello studio senza rivelare loro le risposte complete a un quesito o a un esercizio. Lo studio passivo penso sia sempre esistito e, più recentemente, l’enciclopedia digitale Encarta prima e Wikipedia poi hanno reso sempre più facile copiare una serie di nozioni per portare a termine una ricerca assegnata. Il valore del docente, tuttavia, è sempre stato quello di guidare gli studenti verso un approccio allo studio ragionato e attivo ed il suo ruolo in classe sarà sempre più prezioso”. “E’ abbastanza facile – ammette – capire quando lo studente usa un sistema di intelligenza artificiale per svolgere i propri compiti sia perché un docente conosce lo stile espressivo di ciascuno dei suoi studenti, sia perché la soluzione a un esercizio proposta da un sistema di Ia, sebbene corretta, può essere stata ottenuta attraverso metodi risolutivi non spiegati a lezione”. Ma come contrastarne l’uso indiscriminato? “Sicuramente – afferma il professore Amato – diventa sempre più centrale il ruolo delle verifiche orali durante le quali gli studenti sono chiamati a spiegare gli argomenti studiati e a commentare le soluzioni proposte dei problemi assegnati. In mancanza di uno studio attivo ragionato fatto a casa, gli studenti non sapranno rispondere, le capacità espressive saranno limitate, e, davanti a un esercizio completamente nuovo, non sapranno né proporre soluzioni originali né tanto meno suggerire strategie risolutive”. Ci sono però altri metodi. “Un mio collega che insegna Lingua e Cultura Francese, per esempio, durante il compito in classe sulla comprensione del testo, ha inserito informazioni deliberatamente imprecise – fa notare – sulla cultura e la geografia della Francia: la città più a sud era Lille (e non Marsiglia), i famosi castelli si trovavano in Borgogna (e non lungo la Loira) e così via. Nel compito ha poi posto domande inerenti al testo e, se lo studente fosse riuscito a sottoporle ad un chatbot come ChatGpt, questi avrebbe dato la risposta geograficamente corretta, ma errata secondo il testo della verifica. In questo modo il docente è riuscito immediatamente ad individuare gli studenti che hanno ricorso ad un aiuto esterno con un cellulare ben nascosto e ha potuto prendere i provvedimenti del caso”. “Certo – sottolinea – un sistema di intelligenza artificiale può essere utile se usato in modo costruttivo dallo studente, ponendo ad esempio domande mirate, leggendo (e capendo) le risposte, verificandone la correttezza. Ancora, l’intelligenza artificiale potrebbe aiutare lo studente a creare esercizi aggiuntivi a quelli assegnati dal docente e basati sulle tracce date dal docente stesso (o dal libro di testo) e molti altri validi usi”. Esistono molti sistemi di Ia a disposizione dello studente e sempre più sofisticati. “Con il riconoscimento delle immagini – spiega – adesso è possibile inviare una foto di un testo o una formula, per chiederne un riassunto o la soluzione dell’esercizio e questi strumenti vanno sempre più migliorando. Nel settore dell’intelligenza artificiale si possono identificare due figure: gli addestratori e i valutatori; i primi programmano i sistemi di Ia, i secondi stilano dei test cognitivi per verificarne il livello di preparazione. Man mano che il lavoro degli addestratori porta ad una nuova evoluzione dei sistemi di Ia i test vengono superati a pieni voti ed i valutatori devono pensarne di nuovi; tali test non valutano le emozioni, l’autocoscienza, il libero arbitrio, tutte facoltà che appartengono agli esseri umani. Tuttavia, sul piano cognitivo i sistemi di Ia stanno dimostrando di saper risolvere problemi ed eseguire compiti intellettuali sempre più complessi e se il loro utilizzo non fosse supervisionato o guidato da un docente potrebbe favorire un atteggiamento passivo degli studenti nei confronti dello studio”. E questo i ragazzi lo sanno bene, anche se è difficile farne a meno. Parola di Flavio Coletta, 18 anni rappresentante studenti Its 'Galileo Galilei' di Roma. “Tutti – dice all’Adnkronos/Labitalia – usano l’intelligenza artificiale per motivi di studio e anche per velocizzare i compiti in vista delle verifiche, magari per finire prima e andare a giocare. Personalmente uso l’intelligenza artificiale tutti i giorni per studiare e credo sia una svolta, ma non perché mi facilita, ma perché mi permette di apprendere in modo più veloce. Però ci sono ragazzi che pensano che con l’uso dell’intelligenza artificiale il lavoro da fare sia finito, non controllano ad esempio la scrittura dei testi con una duplice conseguenza negativa. Da una parte si consegna un lavoro fatto male e dall’altra non si impara". "Con questo atteggiamento – fa notare – l’intelligenza artificiale non aiuta lo studente nell’apprendimento delle competenze che poi servono per un futuro universitario e professionale. Eppure, si può usare l’intelligenza artificiale in modo positivo e costruttivo per preparare un riassunto accurato che poi mi servirà per un compito in classe o per un orale, anche se non si deve abbandonare la scrittura personale, perché alla lunga si perde la capacità di scrivere autonomamente. Per questo, a mio parere, l’intelligenza artificiale è un aiuto o meglio un valore aggiunto a disposizione di noi studenti che però non va a sostituirsi alla nostra capacità di pensare. Se usata con criterio facilita i concetti appresi durante le spiegazioni aiutando nello studio e quindi alla resa finale dell’interrogazione o della verifica scritta”. Tornando ai mezzi usati di intelligenza artificiale usati per superare le verifiche, Flavio ammette che “dovendo consegnare il cellulare, un secondo telefono si ha sempre a disposizione e viene nascosto sotto la gamba sperando di non essere beccato dal professore”. Tutti trucchetti che però servono a poco perché “se l’uso dell’intelligenza artificiale non è accompagnato da uno studio approfondito può essere facilmente ‘scoperto’ dai docenti. A nulla serve poi l’introduzione a scuola dell’uso del tablet. Nel nostro istituto, ad esempio, i dispositivi vengono bloccati che dalle 8 fino alle 13, impedendoci di navigare su determinate applicazioni”. Ma tutto si può fare, come dire fatta la legge trovato l’inganno. —lavoro/datiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)