Quando nel 2018 Gianluca Iannotta fondò Tublat.com in una piccola stanza di Sant’Agata de’Goti, in provincia di Benevento, non immaginava che pochi anni dopo quel nome sarebbe apparso accanto a Londra, Toronto, Hong Kong, Gurgaon e Napoli. Eppure oggi, a distanza di sette anni, Tublat è diventata una holding globale, Tublat LTD, con una rete di sedi internazionali e un modello d’impresa che porta nel mondo la creatività, l’etica e la visione italiana del digitale.
Dopo aver consolidato la presenza in Europa e in Asia, e aver aperto filiali in Nord America e India, Gianluca Iannotta ha fissato il prossimo grande traguardo: nel 2026 porterà Tublat a Menlo Park, nel cuore della Silicon Valley. Non come semplice apertura di una nuova sede, ma come simbolo di una rivoluzione culturale e imprenditoriale: un’azienda nata nel Sud Italia che entra nel tempio mondiale dell’innovazione, con un messaggio chiaro: la tecnologia deve tornare ad avere un’anima.
“Non andiamo in Silicon Valley per imitare nessuno,” spiega Iannotta. “Ci andiamo per portare un pezzo d’Italia, per dimostrare che si può fare impresa globale rimanendo umani, creativi e fedeli ai propri valori.”
Il progetto di Menlo Park è la naturale evoluzione di un percorso cominciato con una missione precisa: democratizzare il digital marketing, rendendolo accessibile alle piccole e medie imprese di tutto il mondo. Da qui la formula che ha reso Tublat un fenomeno in Italia siti web professionali a partire da poche centinaia di euro, app mobile, gestione social e campagne pubblicitarie gestite da un ecosistema flessibile di professionisti, con l’obiettivo di dare alle PMI gli strumenti per competere nell’economia digitale.
Oggi Tublat LTD è una realtà internazionale che si distingue per la sua filosofia unica. Gianluca Iannotta non si ispira ai classici modelli della Silicon Valley, ma a una figura che ha segnato la storia del capitalismo italiano: Adriano Olivetti. “Olivetti aveva capito tutto prima di tutti,” racconta Iannotta. “Ha dimostrato che un’azienda può essere innovativa, competitiva e al tempo stesso profondamente umana. È questo il mio modello: un’impresa che non vive per produrre fatturato, ma per generare benessere, cultura e opportunità.”
Il richiamo a Olivetti non è solo retorico. Come l’imprenditore di Ivrea, anche Iannotta sogna un’azienda che non separi il lavoro dalla vita, l’innovazione dall’etica, la tecnologia dall’empatia. Per lui il successo di Tublat non si misura solo nei numeri, ma nella qualità delle relazioni costruite, nella felicità delle persone che ne fanno parte e nell’impatto sociale che può generare. “La tecnologia deve servire l’uomo, non dominarlo,” dice con convinzione. “Voglio che ogni progetto Tublat sia utile, accessibile e capace di migliorare davvero la vita delle persone.”
A rendere unico il suo approccio è anche il modello organizzativo dell’azienda. Dopo essere stato dipendente per anni, Iannotta ha scelto di costruire una struttura completamente diversa da quelle tradizionali. In Tublat non esistono gerarchie rigide né l’ossessione del cartellino. “Io non voglio che le persone passino intere giornate davanti a uno schermo solo per rispettare un orario,” spiega. “Voglio che lavorino per obiettivi. Se raggiungi il risultato, la tua giornata è finita. Il tempo libero è vita, e un dipendente felice produce più di cento stressati.”
Solo alcuni reparti, come il supporto clienti e la chat di assistenza, mantengono orari fissi per garantire efficienza e continuità di servizio. Tutto il resto dell’organizzazione funziona in modo flessibile, basandosi sulla fiducia e sull’autonomia. È una visione rivoluzionaria, soprattutto in un contesto italiano dove il lavoro è ancora spesso sinonimo di presenza fisica più che di risultati. Ma per Iannotta è proprio questa libertà che alimenta la creatività e l’innovazione.
Oggi Tublat è un laboratorio umano oltre che digitale. Nei suoi uffici si respira entusiasmo e leggerezza. Per Iannotta, divertirsi lavorando non è un lusso, è una necessità. “In Tublat si lavora sorridendo,” dice spesso. “La felicità non è un optional, è un vantaggio competitivo.”
Questa cultura dell’empatia è la chiave che sta permettendo a Tublat di crescere senza perdere autenticità. In un mondo tech spesso dominato da fredde logiche di scala, l’azienda italiana si distingue per la sua dimensione umana. E mentre i colossi di Silicon Valley inseguono l’automazione totale, Iannotta sceglie di puntare sull’innovazione umanistica: usare l’intelligenza artificiale, sì, ma per potenziare le persone, non per sostituirle.
Nonostante la crescita internazionale, Gianluca non ha mai dimenticato le sue radici. Sogna ancora di riportare in Italia parte dell’innovazione che oggi esporta nel mondo. “L’Italia è piena di ragazzi di talento che non trovano spazio,” afferma. “Voglio che Tublat diventi la loro casa, un trampolino per il futuro. Non ho mai smesso di credere che il Sud possa essere una fucina di innovazione, basta dargli fiducia.”
Nel lungo periodo, il fondatore immagina anche la nascita di un grande hub tecnologico Tublat in Italia, un centro che unisca creatività, ricerca e formazione, dove giovani startup possano crescere in un ambiente etico e stimolante. Non è ancora un progetto immediato, ma è una promessa che conferma l’impegno di Iannotta nel voler restituire al suo Paese una parte di ciò che il mondo gli sta riconoscendo.
Dal 2018 a oggi Tublat ha registrato una crescita media del 300% l’anno, e l’espansione verso gli Stati Uniti rappresenta la prossima sfida naturale. L’apertura della sede di Menlo Park permetterà all’azienda di accedere a partnership con fondi di investimento e big tech internazionali, ma anche di contaminare il cuore della Silicon Valley con un modello d’impresa alternativo, più vicino alle persone che ai numeri.
“Il nostro obiettivo per il 2026 è chiaro,” conclude Iannotta. “Portare Tublat a Menlo Park. Non per diventare una copia delle aziende americane, ma per far capire che un’impresa nata nel Sud Italia può sedersi al tavolo dei giganti e restare se stessa. Vogliamo costruire una nuova idea di innovazione: una Silicon Valley con il cuore mediterraneo.”
E mentre parla, negli occhi di Gianluca si legge la stessa luce di chi non ha mai smesso di credere nei sogni, neanche quando sembravano troppo grandi. Perché Tublat, prima ancora di essere una holding globale, è la dimostrazione che l’Italia può ancora insegnare al mondo che il futuro appartiene a chi crede nelle persone, non solo nei numeri.










