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Home Salute e Benessere

L’esperto italiano: “Bene il primo xenotrapianto di fegato maiale-uomo. Sul rene dati inimmaginabili 2 anni fa”

Da Redazione Ultimenews24.it
9 Ottobre 2025
In Salute e Benessere
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L’esperto italiano: “Bene il primo xenotrapianto di fegato maiale-uomo. Sul rene dati inimmaginabili 2 anni fa”
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(Adnkronos) – E' "un'ottima notizia" il primo xenotrapianto al mondo di fegato da maiale a uomo eseguito in Cina in un ricevente in vita, un 71enne con cirrosi da epatite B e carcinoma epatocellulare (senza alternative terapeutiche). I dati certificano che l'organo impiantato come fegato ausiliario ha funzionato più di 1 mese e l'uomo è sopravvissuto 171 giorni dopo l'operazione, ed è "una conferma che dal punto di vista immunologico sono stati fatti dei progressi molto importanti". Ma "se dobbiamo considerare la ricaduta futura sul sistema sanitario, quella più imminente si può individuare sul fronte di organi come il rene che oggi, alla luce degli avanzamenti preclinici e clinici e dei risultati incoraggianti, sembra essere il campo prioritario". A evidenziarlo all'Adnkronos Salute è il massimo esperto italiano di xenotrapiantologia, Emanuele Cozzi, professore ordinario di Immunologia dei trapianti all'università di Padova e consulente immunologo del Centro nazionale trapianti (Cnt). 
A che punto siamo? "La scorsa settimana – racconta Cozzi per dare un'idea della situazione – dal Congresso mondiale sullo xenotrapianto che si è svolto a Ginevra, e in occasione del quale si è tenuto anche un incontro con l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è emerso un bilancio: noi sappiamo che ad oggi sono stati eseguiti in 2 Paesi – Usa e Cina – 9 xenotrapianti (2 di cuore, 1 di fegato e 6 di reni) nell'uomo consenziente e ad uso compassionevole, cioè in pazienti adulti senza alternative terapeutiche. Un numero molto limitato. Ma il dato importante è che in questo momento negli Stati Uniti, a Boston, ci sono 2 malati trapiantati con rene di maiale che sono in vita senza dover ricorrere alla dialisi, in un caso da quasi 4 mesi e nel secondo da 9 mesi. Numeri che fanno riflettere". Uno dei pazienti in questione è l'americano Tim Andrews, 67 anni, che vanta un record di sopravvivenza con un rene di maiale funzionante, ad oggi appunto 9 mesi. "Un traguardo storico", commenta Cozzi. "Altra informazione emersa a Ginevra è che anche in Cina gli esperti hanno una donna trapiantata con rene da maiale ingegnerizzato, in vita da 7 mesi con quest'organo. Ecco perché possiamo dire che in questo preciso momento sul rene siamo più avanti e la priorità va in quella direzione". Sembra, argomenta l'esperto, "che dal punto di vista fisiologico sia l'organo meno 'difficile'".  Il periodo è sicuramente di grande fermento dal punto di vista scientifico per gli xenotrapianti. "Attualmente nel mondo 5 centri di ricerca hanno detto di aver mantenuto in vita dei primati non umani con un organo salvavita, che è o il cuore o il rene, per almeno 1 anno – riferisce lo specialista – Poche settimane fa, sempre negli Stati Uniti, la scimmia in vita con un rene di maiale da più a lungo ha appena festeggiato il quinto compleanno". Questo il quadro. "Io mi occupo di xenotrapianto da 30 anni – riflette Cozzi – e devo dire che, se qualcuno mi avesse detto 2 anni fa 'facciamo lo xenotrapianto di rene nell'uomo e pensiamo ad arrivare a 9 mesi', come sta succedendo oggi, gli avrei risposto: 'good luck', buona fortuna. I risultati sono davvero promettenti. Però non ci sbilanciamo. Ci tengo a dire che l'organo migliore sul quale possiamo contare nei prossimi 3-5 anni resta l'organo umano. Non vorrei che in un Paese come il nostro, in cui abbiamo il 30% di opposizioni" alla donazione di organi, "le persone possano pensare che tanto c'è lo xenotrapianto" e donare non serve. Per quanto riguarda il fegato, continua Cozzi, nello studio diffuso oggi "si parla di trapianto come organo ausiliare. Non è dunque una 'destination therapy'", ma un intervento pensato per avere una durata limitata. "E' un risultato importante, perché il fegato deve sostenere la vita di un paziente in una situazione critica e loro hanno dimostrato" che potrebbe funzionare "con dei criteri biologici essenziali che riguardano sia la produzione di albumina che la produzione di acidi biliari e il contributo nella cascata della coagulazione, cioè proprio il minimo che si vuole da un trapianto di fegato". Detto questo, "il fegato è una 'fabbrica' di tante proteine, di tanti elementi sotto diversi punti di vista, e questo tipo di approccio come fegato ausiliare è forse meno prioritario. C'è prima il rene, il cuore e poi il fegato, in questo settore. Anche perché per esempio noi in Italia molto raramente abbiamo bisogno di un fegato ausiliario in tempo reale. Avendo a disposizione circa mille fegati donati ogni anno, riusciamo per fortuna a soddisfare quasi sempre l'emergenza di un malato con un organo umano italiano".  
Il percorso degli xenotrapianti, intanto, procede. "La statunitense Fda (Food and Drug Administration) quest'anno ha autorizzato, a mia conoscenza, 3 trial clinici e 2 sono proprio nel rene; il terzo riguarda il fegato, ma come organo 'bridge' (non ausiliario come fatto in Cina), un organo tenuto fuori dal corpo che serve per mantenere in vita il malato quelle poche ore necessarie per reperire un organo umano. Sembra dunque che il rene sia indubbiamente più avanti e la Fda adesso, accanto all'uso compassionevole che prevedeva l'ok per un singolo malato alla volta, ha autorizzato 2 studi da 30 malati l'uno. Vuol dire che credono" nelle prospettive di questo intervento. 
Ma quanto tempo ci vorrà per un debutto nella pratica clinica? "E' una domanda alla quale forse potremo avere una risposta più certa tra 1 anno" quando le informazioni saranno ancora di più, ragiona Cozzi. "Basandosi su 9 malati" xenotrapiantati, "che sono pochi, possiamo dire che i risultati, parlando soprattutto di rene, sono davvero incoraggianti, migliori delle attese. Vedremo adesso quanto durano. E nei trial autorizzati dalla Fda si è stabilito di procedere per step, cominciando con 2 trapianti, documentando i risultati e poi procedendo con altri pazienti" fino a quota 30, "in modo da potersi fermare prima se i risultati non fossero buoni. Certo, avere oggi 2 persone – una a 7 mesi e una a 9 mesi – con reni di maiale che funzionano promette bene. Però, prima di dire che si farà lo xenotrapianto clinico, occorre vedere cosa succede in questi 60 malati. Vediamo come si evolve. Non è possibile sbilanciarsi" su un orizzonte temporale. "Tra 1 anno, se avremo un numero ragionevole di malati mantenuti in vita con rene di maiale, senza dialisi, per più di 1 anno, potremo dire che si va nella direzione giusta. Si investirà sempre di più e i risultati saranno sempre meglio. E, se dovesse esserci la svolta, significherebbe che si trasformerà il modo in cui cureremo il malato in insufficienza terminale d'organo. Inutile dire che sarebbe una svolta da Nobel".  
—salute/medicinawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Tags: adnkronossalute
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