Prima dell’emergenza Coronavirus, nessuno poteva immaginare che il 2020 avrebbe visto l’Italia attraversare un’inevitabile crisi che sarebbe poi derivata in recessione, dove le prime ad essere calpestate, ancora una volta, sarebbero state le partite iva.
La pandemia di Coronavirus ha colpito tutto il mondo ma non solo dal punto di vista sanitario. L’economia globale crollava man mano che il numero di contagiati saliva, danneggiando soprattutto imprenditori, lavoratori autonomi e freelancers (liberi professionisti), insomma i titolari di partita IVA.
Sono oltre 3,5 milioni le partite IVA in Italia duramente danneggiate; mentre altri settori sono stati tutelati dal Governo Nazionale per la salvaguardia delle loro attività e l’economia italiana, nessuno ha pensato ai lavoratori autonomi.
Sebbene abbiano ricevuto qualche incentivo economico per i primi mesi della pandemia, la situazione delle partite iva è allarmante. Le poche risorse percepite non bastano a coprire le spese di un lavoratore medio tenendo conto delle spese, l’affitto, le tasse. Per non parlare dei casi in cui l’autonomo è un padre o madre di famiglia (in alcuni casi entrambi lo sono) con figli…
Tanti hanno perso lavori che avevano preso con mesi di anticipo, perché tante attività furono annullate per ovvi motivi, ma davanti a questo scenario, chi ci pensa a loro? Purtroppo se ne parla e se ne fa ben poco (o niente) a riguardo. E questo rappresenta un grande problema perché non si sa ancora per quanto tempo andrà avanti la situazione di emergenza sanitaria che gli impedisce di svolgere le proprie attività.
Così, i titolari di partite iva hanno fatto sentire il loro scontento e la loro rabbia facendo l’appello ai politici sotto lo slogan “Lasciateci lavorare” e stanchi per la costante ignoranza e calpestamento che subiscono dallo Stato, hanno deciso di farsi sentire scendendo in piazza. Accusano il Governo di averli abbandonati e perfino dimenticati, mentre questo settore rappresenta una buona parte dell’economia italiana ed è il sostegno di tante famiglie, in cui rientrano per esempio parrucchieri, baristi, fotografi, graphic designers, consulenti, professionisti, artisti, tra tanti altri.
Gli autonomi chiedono di poter riprendere le loro attività commerciali come prima, con gli adeguamenti e le misure di sicurezza anti-covid, per chi lavora in presenza. Ma sono le donne le più colpite perché oltre all’incertezza sul lavoro, hanno i figli a casa come conseguenza delle chiusure delle scuole (nelle zone rosse), avendo meno disponibilità di tempo libero per occuparsi della propria attività.
La “manovra” e le partite iva
Per manovra si intendono i 40 miliardi di euro di fondi europei che saranno destinati al nostro paese per il rilancio economico e finanziario. Dal Governo hanno fatto luce sulla destinazione di questi soldi, che saranno distribuiti per:
- la macroeconomia,
- le imprese private,
- le politiche per il lavoro,
- la sanità,
- il debito delle regioni del meridione italiano.
Ma ancora una volta, niente si dice né si lascia intravedere sulle partite iva. Gli autonomi dovranno attendere ancora per avere notizie certe rispetto ai possibili contributi o tagli sulle spese, dopo che il Governo si sarà confrontato sul tema.
La situazione attuale delle partite iva
Ogni anno però c’è un importante calo degli autonomi dovuto principalmente alla troppa burocrazia e i ripetuti controlli da più enti perché sospettati di voler imbrogliare lo stato. La pressione fiscale è anche tanta, arrivando fino al 60% dei profitti, che è decisamente un’esagerazione.
I titolari di partite iva chiedono più dignità per lavorare nonostante l’attuale situazione e vista l’impossibilità di poterlo fare, attendono adeguati ammortizzatori sociali.
Le nuove disposizioni contenitive per evitare -ancora- la diffusione del coronavirus (ricordiamo che l’Italia è divisa in zone rosse, arancioni e gialle) hanno una ripercussione micidiale soprattutto sulle piccole attività. Infatti, sono tanti gli imprenditori che hanno dovuto chiudere le porte dei loro locali, bar, ristoranti, trattorie, botteghe, ecc. per l’impossibilità di riuscire a pagare le spese, il personale e la forte pressione fiscale che non molla neanche in questo momento così delicato.