Il Covid-19 ha cambiato molti aspetti della vita e, dopo due anni di distanziamento sociale e mascherine, si comincia a fare un po’ il punto su cosa resterà anche in futuro, cosa si dovrà migliorare e cosa invece dovrà essere superato per provare a tornare a una nuova normalità. Un processo che il virus ha accelerato è quello della digitalizzazione, delle imprese e della pubblica amministrazione, che si sono ritrovate ad attivare strumenti online in poco tempo per restare in contatto con clienti e cittadini.
La pandemia ha anche cambiato la didattica, introducendo la DaD, la Didattica a Distanza, e un proliferare di informazioni trasmesse in streaming. Nelle prime fasi dell’attuazione di questo sistema non è stato facile gestire le lezioni e coinvolgere gli studenti, ma con il tempo si sono fatti grandi passi avanti. Molti studenti stanno infatti pensando di iscriversi ad una laurea specialistica telematica, che permette di frequentare a distanza, senza l’obbligo di trasferirsi in una nuova città e di recarsi presso la sede universitaria.
Vediamo come le nuove forme di insegnamento e di apprendimento hanno modificato e modificheranno la formazione.
Didattica a Distanza (DaD): pro e contro
La didattica a distanza ha creato, soprattutto all’inizio, non pochi problemi sia ai docenti sia agli studenti perché c’erano numerose difficoltà per attivare questo sistema. Secondo una ricerca di Tortuga, la maggior parte degli studenti universitari tra i 18 e i 20 anni hanno avuto problemi con la connessione, aumentando così il divario digitale. Il 29% ha invece dichiarato di aver avuto un calo di concentrazione nel seguire le lezioni, dettato anche da una mancata esperienza precedente in merito all’Università. Per gli universitari più grandi invece la DaD ha rappresentato una novità interessante, perché potrebbe diventare una valida alternativa in futuro, per studenti che per i più vari motivi non si possono recare in sede.
Pro e contro andrebbero dunque equilibrati per giungere ad una nuova considerazione degli strumenti digitali che nella maggior parte dei casi, come dimostrato dalle università telematiche come Unicusano, permettono di acquisire competenze alla pari di un corso in presenza. Il segreto sta nell’approccio e nelle modalità di trasmissione dell’informazione.
Lo streaming per la didattica
Accanto ai corsi di formazione dei piani di studio, durante la chiusura delle scuole c’è stata un’impennata anche della formazione in streaming, promossa da diversi enti di formazione, agenzie di comunicazione e istituti, per mantenersi in contatto con il proprio pubblico. Questo ha modificato radicalmente la modalità di aggiornamento delle varie professioni e ha di fatto aperto a nuove opportunità di accrescimento delle competenze che annullano distanze e diventano più varie e fruibili. Si pensi per esempio a convegni o corsi di aggiornamento che richiedono spese importanti per viaggi e pernottamenti. Grazie allo streaming si possono ridurre le spese senza rinunciare al desiderio di seguire un evento.
Competenze digitali per la didattica
Uno dei gap da colmare per poter affermare con consapevolezza che la didattica è cambiata senza perdere il suo ruolo è quello di formare i docenti sulle competenze digitali. L’Italia è 20esima in Europa per competenze digitali e solo il 22% della popolazione riesce ad usare gli strumenti online. Per sopperire a queste mancanze è stata attivata una Strategia Nazionale per le Competenze Digitali, che prevede un intervento specifico proprio sulla formazione dei dipendenti del Ministero dell’Istruzione. Un primo passo per aprirsi a nuove opportunità da affiancare ai modelli didattici attuali.










