La laurea consente di specializzarsi in uno specifico ambito e di poter svolgere una professione che permette di avere una carriera lavorativa soddisfacente dal punto di vista dell’affermazione professionale e anche economico. Eppure i laureati in Italia secondo le statistiche sono ancora molto pochi, soprattutto se ci si confronta con la media degli altri paesi. E, considerando la necessità di avere competenze sempre più mirate, tra qualche anno non possedere una laurea potrebbe rappresentare un ostacolo alla crescita sociale ed economica del paese. L’offerta formativa degli atenei italiani, sia tradizionali sia digitali, è molto ampia e permette di acquisire competenze in diversi ambiti, anche quelli più richiesti dal mercato. Basta navigare una pagina web sulla laurea magistrale online per avere contezza di quante opportunità ci sono e di come università come Unicusano studino bene la situazione occupazionale per proporre corsi in linea con l’evoluzione tecnica e tecnologica. Nonostante un sistema universitario stimolante, a fermare le iscrizioni intervengono tanti fattori: non c’è un’adeguata proposta per i corsi triennali professionalizzanti, i costi per alcuni atenei sono molto elevati per il reddito medio delle famiglie italiane e non c’è una cultura dell’educazione che parte dai primi anni di scuola che permette un orientamento efficace. L’Italia ha infatti anche un problema di fuori corso. Analizziamo le statistiche per comprendere bene il fenomeno e confrontarsi con le altre realtà.
Laureati in Italia: i dati
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, nel 2022 in Italia la percentuale di giovani tra i 30 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio terziario è del 27,4%, dato che sale al 29,2% tra i 25 e i 29 anni. C’è inoltre un divario territoriale a sfavore del mezzogiorno con 1 giovane su quattro laureato al sud e oltre 3 giovani su 4 al centro e al nord. A condizionare questi numeri è anche il background familiare, che evidenzia come solo il 12,3% dei laureati proviene da una famiglia in cui i genitori hanno un titolo secondario inferiore. Questi divari sono sicuramente accentuati da una mancanza di politiche inclusive a livello educativo per ogni grado scolastico e a una mancanza di programmi mirati per l’orientamento, che possano consentire la motivazione di numerosi studenti a intraprendere il percorso universitario senza considerare la provenienza familiare e sociale. Entrando nello specifico dei corsi di laurea più scelti, secondo i dati del MUR, per l’anno accademico 2022/23 al primo posto troviamo le lauree nell’area disciplinare “Economico, giuridico e sociale”, al secondo l’area “Ingegneria Industriale e dell’informazione” e al terzo posto l’area medica. Preoccupano i numeri dei laureati STE(A)M, che in Italia rappresentano solo il 6,7% dei laureati, con un gender gap molto importante, perché solo un laureato su tre è di sesso femminile. Il motivo di questa distanza è dovuto anche al fatto che vengono assunte meno donne in questo settore e pagate meno dei maschi.
Laureati in Italia: il confronto con altri paesi
Facendo riferimento sempre ai dati forniti da Istat, in UE la media dei laureati è del 40% tra i giovani tra i 30 e i 44 anni (+13% rispetto all’Italia), con picchi del 50,5% in Spagna e del 50,4% in Francia. Non va meglio se si fa riferimento agli adulti di nazionalità straniera, dove il livello è ancora più marcato: 12% Italia e 35% media UE. Per le discipline STEM, i laureati in Europa sono in media il 12-13%, con un +5% rispetto all’Italia.